Fermati un attimo, respira e osserva cosa stai pensando. Forse ad un ricordo, oppure a cosa dovrai fare più tardi. Come sono i tuoi pensieri, neutri oppure giudicanti?
Siamo costantemente immersi in un turbine di pensieri, giudizi e critiche che possono plasmare la nostra percezione del mondo e delle persone che lo abitano. I giudizi e i pregiudizi sono parte integrante del nostro modo di percepire il mondo e delle interazioni che abbiamo con esso. Si tratta di valutazioni basate su esperienze passate, convinzioni personali e influenze esterne. La nostra mente, infatti, tende naturalmente a categorizzare e giudicare il mondo che ci circonda, un meccanismo di sopravvivenza che ci ha aiutato a distinguere tra pericoli e sicurezza.
Possiamo quindi affermare che i giudizi sono adattivi, poiché ci aiutano a navigare nel mondo e a prendere decisioni rapide. Ad esempio, un giudizio che ci suggerisce di evitare un certo quartiere perché lo consideriamo pericoloso potrebbe aiutarci a non incorrere in situazioni potenzialmente rischiose.
Tuttavia, i giudizi possono diventare particolarmente rigidi e irrazionali, limitando la nostra capacità di vedere le situazioni in modo equilibrato e di relazionarci in modo aperto con le altre persone. Per esempio, potremmo avere dei pregiudizi riguardo a una determinata cultura o un gruppo di persone o una generazione distante dalla nostra, che magari conosciamo meno e facciamo fatica a capire. Questi, se non ne siamo consapevoli, possono influenzare le nostre interazioni e ostacolare la nostra e l’altrui esperienza.
Attraverso la pratica della Mindfulness, possiamo riconoscere i giudizi che emergono nella nostra mente, possiamo osservare quando i nostri pensieri sono neutri o quando contengono valutazioni e critiche. Questa consapevolezza ci offre l’opportunità di esaminare i nostri giudizi senza identificarci con essi o reagire automaticamente.
Inoltre, la consapevolezza ci permette di comprendere meglio il modo in cui interagiamo con le altre persone. Quando diventiamo consapevoli dei nostri giudizi, possiamo porre più attenzione alle nostre reazioni e alle dinamiche interpersonali che si creano. Ad esempio, se percepiamo un atteggiamento giudicante da parte di una persona, possiamo essere consapevoli della nostra risposta e scegliere di non alimentare ulteriormente il circolo del giudizio.
Questa consapevolezza ci permette di intervenire nel ciclo di pensieri, atteggiamenti e comportamenti che influenzano la nostra esperienza quotidiana. La ricerca neuroscientifica conferma questa interconnessione, evidenziando come i nostri pensieri e le nostre esperienze modellino attivamente la struttura del nostro cervello grazie alla plasticità neurale. In altre parole, ciò che pensiamo e come pensiamo ha un impatto tangibile sulle connessioni neurali nel nostro cervello, influenzando direttamente i nostri comportamenti e le nostre reazioni agli eventi esterni.
In questo contesto, il non-giudizio emerge come una pratica chiave della Mindfulness. Quando ci troviamo a osservare i nostri pensieri, è naturale che il cervello tenda a etichettarli come “positivi” o “negativi”, “buoni” o “cattivi”. Tuttavia, il non-giudizio ci invita a esplorare i nostri pensieri senza aggrapparci a queste etichette, permettendo loro di svolgersi liberamente.
Possiamo quindi affermare anche che la critica crea critica. Quando giudichiamo, alimentiamo le connessioni neurali che rinforzano questa tendenza. In altre parole, quanto più ci immergiamo nel giudizio, tanto più diventa facile e automatico per noi continuare a farlo, creando un circolo vizioso di pensieri giudicanti e comportamenti in linea con essi.
Per rompere questo ciclo, possiamo scegliere di praticare il non-giudizio, uno dei sette pilastri della Mindfulness. Ciò non significa negare o reprimere i nostri pensieri giudicanti, ma piuttosto essere consapevoli di essi senza lasciarci trascinare dai loro effetti. Quando diventiamo consapevoli dei nostri pensieri, possiamo scegliere di non identificarci con essi e di non lasciarli influenzare i nostri comportamenti.
Un esempio concreto di questa pratica può essere il momento in cui ci troviamo a giudicare il comportamento di un amico o collega. Invece di reagire istintivamente al nostro giudizio interno, possiamo fermarci un istante e chiederci: “Esiste un altro modo in cui posso vedere questa persona o situazione?“. Questo atto di consapevolezza può aprire spazi per una comprensione più profonda e compassionevole.
“Quando giudichi un’altra persona, non la definisci, ti definisci.” Questa citazione di Wayne Dyer ci ricorda che il giudizio non solo influisce sul modo in cui percepiamo le altre persone, ma riflette anche chi siamo noi. Il nostro modo di giudicare gli altri rivela le nostre convinzioni, i nostri valori e le nostre prospettive. Invece di concentrarci sul giudicare gli altri, possiamo scegliere di coltivare la consapevolezza e la compassione.
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