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Di cosa è fatto l’equilibrio?

Molte delle nostre azioni quotidiane sono impregnate di reattività. Mi riferisco a quella tendenza a reagire impulsivamente di fronte a uno stimolo. Senza uno spazio di consapevolezza, in modo automatico, come se ci fosse un pericolo e dovessimo salvarci, combattendo o scappando. È proprio quello che succede nel nostro cervello, viviamo in uno stato di allerta iper-attivato e l’istinto di sopravvivenza, pre-cognitivo, ci porta a mettere in campo la risposta, consolidata nell’evoluzione, di attacco e fuga.

Pensieri che ci trascinano impulsivamente verso azioni di cui ci pentiamo.  Parole spiacevoli che escono senza riflessione.  Le onde delle nostre emozioni ci tengono in ostaggio. Succede qualcosa di buono, siamo felici.  La vita ci mette di fronte all’imprevisto, ci arrabbiamo. Questo rimanere in balia delle emozioni ci fa sentire dipendenti dagli eventi esterni. Mina il nostro senso di equilibrio interno.

Ma di cosa è fatto l’equilibrio? L’equilibrio nasce dal sapersi mettere a una certa distanza dai nostri pensieri e dalle nostre emozioni. Per poterli vedere, riconoscere, accogliere e poi decidere consapevolmente e responsabilmente come agire. È come se potessimo mettere uno spazio tra l’impulso e l’azione. Uno spazio di libertà e di scelta.

Come si fa a inserire questa pausa e orientare il nostro agire in modo più coerente con i nostri valori e i nostri desideri? Non abbiamo controllo su ciò che pensiamo o proviamo ma abbiamo il pieno potere personale di decidere come agire. L’importante è allenarci a inserire quello STOP, quel respiro, quell’interruzione di un’abitudine consolidata nel tempo.

La pratica di Mindfulness disinnesca quei trigger che ci fanno scattare sulla difensiva o all’attacco, attraverso un allenamento della capacità di:

  • disattivare lo stato di allarme attraverso l’ancoraggio al corpo. Quando respiriamo profondamente inviamo un messaggio chiaro al nostro cervello: “qui non c’è nessun pericolo, spegni pure l’allarme rosso”. Le ricerche neuro-scientifiche hanno dimostrato che quando meditiamo si attiva il sistema nervoso para-simpatico, deputato a portarci in uno stato di calma e sicurezza.
  • prendere distanza dalle nostre onde emotive e dai nostri pensieri attraverso la defusione cognitiva. Quando meditiamo attiviamo il sé osservante, un sé che si accorge di ciò che accade e osserva il fenomeno interno, che si tratti di un pensiero o di una emozione. Non lo trattiene e non lo respinge, accorgendosi della sua transitorietà. E così ogni onda di rabbia, di ansia, di vergogna, di tristezza, … arrivano passano e se ne vanno in modo continuo e fluido. Allo stesso modo, ogni commento della mente non è più un fatto, una verità ma una narrazione passeggera, un filtro interpretativo, una lente che possiamo lasciar andare.
  • coltivare l’accettazione totale delle esperienze della vita che non possiamo modificare attraverso la fiducia. Non si tratta di rassegnazione ma di non sprecare energie respingendo ciò che è già accaduto e che non può cambiare (un errore, un evento drammatico, un imprevisto, …) e investire tutta la nostra attenzione su ciò che è in nostro potere fare.
  • sperimentare risposte nuove, creative, di fronte eventi-trigger attraverso l’intenzione. Quando il nostro agire diventa intenzionale, si collega ai nostri valori e ai nostri desideri. A ciò che è più importante, al di là dei nostri piani e programmi, al di là delle richieste altrui. Si impara a mettere da parte alcuni copioni relazionali disfunzionali, consolidati nel tempo e attivare la mente dello scienziato, curiosa, sperimentale, non giudicante.

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